lunedì 23 marzo 2020

Affrontare una donna


2 ANNI DOPO (1984):  La sera non diceva niente di buono. Vento e pioggia e buio alle cinque del pomeriggio. Anche in Sardegna era inverno. Ci riunimmo come al solito nella scuola media, nel consunto e lercio marciapiede di fronte all’ingresso.

Tutto era stato organizzato. Ci incontrammo alle sette meno dieci. Direzione dell’amore. Sì, perché decidemmo di usufruire - di godere, letteralmente - di un servizio prezioso per il rione. Direi indispensabile. Rina. La bagassa di quartiere. Che aveva svezzato due generazioni di maschi. Forse tre. Ormai meno gettonata visto i suoi quasi cinquant’anni, ma che faceva ancora parte delle fantasie sessuali di tutti gli adolescenti. E anche delle nostre.

La conoscevamo da sempre. Grassoccia. Un metro e sessanta circa. Bionda ossigenata. Labbra prominenti. Tettona e culona. Mitologiche le sue fellatio. Comunque. La vedevamo fare la spesa. O vicino a casa sua con qualche cliente. Non certo bella ma sensuale. Sessuale. Carnale.  O passare con la sua uno grigia diesel smarmittata3

 Prese gli accordi Poppi. Che aveva un cugino suo cliente, a detta sua. E poi il più smaliziato di tutti noi. In realtà eravamo tutti verginelli.4 Anche se qualcuno - Salamandra - raccontava di una fantomatica lontana cugina napoletana che gli avrebbe fatto assaporare i piaceri dell’amore quell’estate, in un non ben identificato campeggio vicino a Cagliari. Cazzarasa!

Eravamo un po’ tesi. Un po’ spaventati. Camminavamo piano chiacchierando come se nulla fosse. Il più eccitato era Poppi. Che raccontava cosa le avrebbe fatto e delle sue doti fisiche nascoste, nonostante la bassa statura e la magrezza. Sinché non arrivammo al suo civico, in un vicolo semibuio della zona vecchia del quartiere. Nessuno voleva suonare. Ma erano già le sette. Ora dell’appuntamento.

 Poppi aveva pattuito per ventimila lire a testa. In realtà decidemmo di fare colletta. Dando fondo ai piccoli risparmi che mettevamo da parte durante le feste. E decidemmo di offrire quell’iniziazione a Salamandra. Al secolo Gianluigi Degortes, il più duro di tutti noi. Rispettatissimo in quartiere da coetanei e non. Sì. Perché Salamandra il giorno dopo sarebbe partito per Sassari, e anche se lui raccontava di esser già stato con una donna noi lo volevamo salutare così. Con una scopata.

Il brano è tratto da “Perdenti”, di Francesco Melis, edizioni “Sa Babbaiola”


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