martedì 24 marzo 2020

Una Birra In compagnia


Due ore dopo. Le 14:00 circa (2013): E come nulla fosse accaduto, e come se tutto quel tempo non fosse mai passato, Nicolino, Salamandra, Poppi, Monaco, Nuccio e pure Donny si ritrovarono a bere birra Ichnusa ghiacciata nelle tipiche bottiglie marroni da 66 cl in Viale Buoncammino. Viale storico cagliaritano che dà il nome all’altrettanto storico ex carcere cittadino. Costruito su uno dei tanti colli che caratterizzano la nostra città. Offrendo panorami mozzafiato e camporelle urbane per frettolosi o clandestini amanti.

“E per far onore a Luigi Degortes in arte Salamandra…tottus a Casanza!” Così fra le risa Nicolino suggellò la decisione quasi fisiologica di andare a festeggiare la fresca laurea dell’amico Monaco, ad uno dei tanti  chioschi del suddetto viale fronte casa circondariale. Alberato e con  tott’arrogau38 camminamento. Tipica meta di famiglie, ceffi ed altro, in particolare nelle afose serate casteddaie, in cerca di refrigerio.

Visto pure che viale Buoncammino era a poche centinaia di metri dalla Facoltà di Economia, dove neanche un’ora prima Gabriele Santini, pò is ammigusu sempri Monaco, strappò, e anche lui non se ne capacitava ancora bene, l’agognato titolo di ‘dottore in Economia Aziendale’. A quasi quarantatre anni suonati. Ma meglio tardi che mai.
Il cugino Giorgio invece se n’era andato, per un fantomatico quanto farloco39 impegno inderogabile. In realtà non amava una certa compagnia a parer suo non molto rispettabile e pure - e forse soprattutto - per non pagare la scommessa persa. Della bevuta, della ghenga. “I disperati,” come li chiamava lui, che non sarebbero arrivati mai.

Ed invece eccoli lì, tutti a quarant’anni suonati, dentro a petti doloranti, sopra piedi e gambe consunte, sotto a un cielo che ancora una volta benevolo li aveva voluti tutti assieme riuniti, dopo tantissimi anni, a ridere e bere e raccontare storie più false che vere, più o meno ognuno sempre nel ruolo che gli si confaceva. Mancava solo Valter Arixi, “che farà di tutto per arrivare comunque,” lo giustificò Monaco, senza dilungarsi però in spiegazioni ulteriori. Ogni tanto qualche ospite del carcere a fine pena o altro, passando di fronte ai nostri amici, si soffermava sul volto di Salamandra, du castìara, come avesse visto qualcuno di familiare. 

E così era, povero Gigi, come lo chiamavano ora, e come lo avevano chiamato per quasi dieci anni in comunità, a Macchiareddu, zona industriale vicino a Capoterra. E anche se ormai era un’altra persona, il suo viso era riconoscibile, amico, connottu, insomma, a molti appartenenti a quella categoria di umanità varia, che a vario titolo,  ahi-loro, avevano frequentato e frequentavano assiduamente ed abitualmente, carceri, prigioni, istituti di pena, case circondariali. Casanzeris insomma.

Il brano è tratto da “Perdenti”, di Francesco Melis, edizioni “Sa Babbaiola”


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