Due
ore dopo. Le 14:00 circa (2013): E come nulla fosse accaduto, e come se tutto quel
tempo non fosse mai passato, Nicolino, Salamandra, Poppi, Monaco, Nuccio e pure
Donny si ritrovarono a bere birra Ichnusa ghiacciata nelle tipiche bottiglie
marroni da 66 cl in Viale Buoncammino. Viale storico cagliaritano che dà il
nome all’altrettanto storico ex carcere cittadino. Costruito su uno dei tanti
colli che caratterizzano la nostra città. Offrendo panorami mozzafiato e
camporelle urbane per frettolosi o clandestini amanti.
“E per far onore a Luigi Degortes in arte
Salamandra…tottus a Casanza!” Così fra le risa Nicolino suggellò la decisione
quasi fisiologica di andare a festeggiare la fresca laurea dell’amico Monaco,
ad uno dei tanti chioschi del suddetto viale
fronte casa circondariale. Alberato e con
tott’arrogau38 camminamento. Tipica meta di famiglie, ceffi
ed altro, in particolare nelle afose serate casteddaie, in cerca di refrigerio.
Visto pure che viale Buoncammino era a poche
centinaia di metri dalla Facoltà di Economia, dove neanche un’ora prima
Gabriele Santini, pò is ammigusu sempri Monaco, strappò, e anche lui non
se ne capacitava ancora bene, l’agognato titolo di ‘dottore in Economia
Aziendale’. A quasi quarantatre anni suonati. Ma meglio tardi che mai.
Il cugino Giorgio invece se n’era andato, per un
fantomatico quanto farloco39 impegno inderogabile. In realtà non
amava una certa compagnia a parer suo non molto rispettabile e pure - e forse
soprattutto - per non pagare la scommessa persa. Della bevuta, della ghenga. “I
disperati,” come li chiamava lui, che non sarebbero arrivati mai.
Ed invece eccoli lì, tutti a quarant’anni suonati,
dentro a petti doloranti, sopra piedi e gambe consunte, sotto a un cielo che
ancora una volta benevolo li aveva voluti tutti assieme riuniti, dopo tantissimi
anni, a ridere e bere e raccontare storie più false che vere, più o meno ognuno
sempre nel ruolo che gli si confaceva. Mancava solo Valter Arixi, “che farà di
tutto per arrivare comunque,” lo giustificò Monaco, senza dilungarsi però in
spiegazioni ulteriori. Ogni tanto qualche ospite del carcere a fine pena o
altro, passando di fronte ai nostri amici, si soffermava sul volto di
Salamandra, du castìara, come avesse visto qualcuno di familiare.
E così era, povero Gigi, come lo chiamavano ora, e
come lo avevano chiamato per quasi dieci anni in comunità, a Macchiareddu, zona
industriale vicino a Capoterra. E anche se ormai era un’altra persona, il suo
viso era riconoscibile, amico, connottu, insomma, a molti appartenenti a
quella categoria di umanità varia, che a vario titolo, ahi-loro, avevano frequentato e frequentavano
assiduamente ed abitualmente, carceri, prigioni, istituti di pena, case
circondariali. Casanzeris insomma.
Il
brano è tratto da “Perdenti”, di Francesco Melis, edizioni “Sa Babbaiola”
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